Angelo Mozzillo, la Diocesi di Calvi beneficia del suo pennello – Parte Tre

di Pasquale de Stefano

continua da PARTE UNO e PARTE DUE

Angelo Mozzillo a Calvi Risorta.
Dopo il terremoto del 30 novembre del 1732 che interessò quasi tutta l’Italia Meridionale, portando danni e distruzioni, la diocesi calena ebbe una nuova rinascita. Promotore di tale rinascita fu mons. Gennaro Danza, eletto vescovo da Clemente XII il primo gennaio 1733. Troviamo testimonianza della sua attività in tante epigrafi nella chiesa cattedrale di Calvi. Il Danza cercò di rimediare ai danni del terremoto, ricostruendo e impreziosendo la chiesa con altari di marmo e immagini di santi. Nella sua opera di ristrutturazione della cattedrale romanica, molti elementi romanici furono sostituiti da elementi tardo barocchi. L’opera di rifattione fu continuata e impreziosita dal suo successore mons. Giuseppe Maria Capece Zurlo, vescovo dal 1756 e 1782.
Giuseppe Maria Capace Zurlo nato da una famiglia patrizia napoletana a Monteroni di Puglia il 3 gennaio 1711 e mori in esilio a Montevergine il 31 dicembre 1801. Il 13 giugno 1720 entrò nel noviziato dei SS. Apostoli. Il 6 gennaio 1727 emise la promessa solenne nella chiesa di San Paolo a Napoli. Nel 1728 si dedicò allo studio della Filosofia e della Teologia, fu ordinato sacerdote il 19 dicembre 1733 e destinato alla chiesa dei SS. Apostoli di Napoli. Nel 1741 l’arcivescovo di Napoli Giuseppe Spinelli lo scelse per ricoprire la carica di consultore del Santo Ufficio. L’anno successivo fu superiore della casa di Sant’Eligio di Capua. Partecipò nel 1743 al Capitolo Generale tenutosi a Roma, essendo stato nominato per la prima volta Procuratore Generale. Nel Capitolo successivo nel 1747 gli fu conferita la nomina di Procuratore Generale per gli affari con la Santa Sede e per le cause dei santi. Nel 1756 fu scelto come vescovo della Diocesi di Calvi dal re Ferdinando IV e preconizzato da Benedetto XIV. Fu consacrato a Roma nella chiesa di San Silvestro al Quirinale, dal cardinale Giuseppe Spinelli.

A Calvi il vescovo Zurlo oltre a dedicarsi alla cura delle anime, intervenne anche nella ristrutturazione della cattedrale, partendo dalla cripta che si trovava in pessime condizioni; fece costruire due rampe di scale di discesa nell’ipogeo occludendo le originarie ai margini delle navate laterali, spostandole ai lati della scala che dalla navata centrale porta al presbiterio, affidando i lavori all’architetto napoletano Carlo Zoccoli. Questi progettò il rinnovamento del succorpo con il consolidamento delle volte e la nuova pavimentazione con maioliche decorate, com’è dimostrato nella rosa dei venti ai piedi della scala che porta la data 1762. Restaurò anche la sagrestia sul lato meridionale, un ambiente rettangolare tripartito e coperto da una volta a scodella. Successivamente nel 1778 nell’ambito dei lavori di restauro della sacrestia, il vescovo Zurlo commissionò al Angelo Mozzillo la decorazione delle pareti con i ritratti dei vescovi di quest’antica diocesi partendo dalle origini, da San Casto fino al vescovo Zurlo; sulla falsariga di quanto realizzato nella sacrestia del duomo di Napoli negli anni ‘30. L’immagine del vescovo Zurlo chiude la serie Mozzilliana, costituita da ben 76 medaglioni; il ritratto del vescovo è l’unico reale essendo tutti gli altri di fantasia e pertanto idealizzati. Il ciclo Mozzilliano si compone di ben 76 busti secondo la lista redatta dallo stesso Zurlo, sulla scorta di un precedente elenco, compilato un secolo prima dal reverendo Giuseppe Cerbone. Da San Casto, patrono della diocesi, ordinato da San Pietro primo vescovo di Calvi secondo la tradizione, fino a mons. Agnello Fraggianni e naturalmente dallo stesso Zurlo. In questo elenco manca la figura del vescovo Giusto, giacché la sua esistenza era ignorata all’epoca del Mozzillo e fino al 1932, quando in occasione di alcuni lavori di sterro nei pressi della Basilica Paleocristiana, venne fortunosamente alla luce una lastra tombale con sopra inciso l’epigrafe che riportava il nome del vescovo Giusto e il periodo del suo episcopato (IV secolo). Sicuramente per l’esecuzione di questi affreschi il Mozzillo si avvalse, così come era accaduto qualche anno prima per gli affreschi del salone del vescovado di Nola, di alcuni collaboratori della sua bottega [1]. I medaglioni, sono stati realizzati parte ad affresco e parte a olio su tela ed hanno dimensioni diverse in rapporto alla figura storica dei vescovi. Tutti i medaglioni sono inseriti all’interno di una vivace decorazione floreale e in stucco. Il volto del vescovo Zurlo viene rappresentato a mezza figura di tre quarti e girato verso lo spettatore. Il vescovo da poco aveva superato i 70 anni è ripreso con il viso sereno e determinato, caratterizzato dal naso e dal mento pronunciati, le labbra carnose e le guance corrugate, su di un fondo scuro appena ravvivato da un tendaggio verde oliva, che ne esalta la figura. Indossa una mozzetta rossa, la mantellina corta chiusa sul petto da bottoni, sulla quale spicca una doppia fascia verde e sopra di essa un esile cordone con appesa la croce pastorale. La scritta sottostante, inserita in un elegante cartiglio, riporta che il prelato era stato eletto settantaseiesimo della serie vescovo di Calvi nel 1756 e poi arcivescovo di Napoli nel 1772.

IOSEPH M. CAPECIUS ZURLUS CREAT AN. MDCCLVI
OE. EX IMUS VIRTUT AD NEAPOLIT. CATTEDRAM
ELECTUS
ROMANAQ PURPURA DECORATUS AN. MDCCLXXXII
(LXXVI)

Tutte le immagini coprono per intero le quattro pareti a partire da un’altezza di circa due metri. I medaglioni si caratterizzano per l’intensa luminosità e per la gradevole policromia che secondo Franco Pezzella fanno del ciclo di Calvi Risorta uno dei più apprezzati del genere. [2]


Angelo Mozzillo a Pignataro Maggiore.
L’anno 1764 va ricordato come l’anno dell’epidemia di “febbri putride” che colpì la Campania provocando circa trentamila vittime. Un gruppo di devoti di Pignataro Maggiore scampati alla peste, qualche anno prima che il Mozzillo decorasse la sacrestia calena, nel 1772 gli commissionò una tela raffigurante “San Rocco e i devoti in atto di venerare la Vergine con il Bambino” per la chiesa della Misericordia di Pignataro Maggiore, già sede vescovile della diocesi Calena. San Rocco, è il santo più invocato dal medioevo in poi come protettore del terribile flagello della peste. In quest’opera, il Mozzillo trasferisce la capacità illuministica e la teatralità della pittura barocca che trovano un impiego ideale nel tema della visione.

La Vergine e il Bambino appaiono circondati da un turbinio di nuvole e di angioletti immersi in una luce innaturale, divina, che colpisce anche il santo senza nessun riferimento a tempi e luoghi precisi. Gli unici elementi naturalistici che il Mozzillo usa sono un gradino in primo piano come elemento di un boccascena, con sulla destra una base di colonna con un bambino con il braccio alzato in atto di benedire. Sul lato sinistro troviamo San Rocco inginocchiato con lo sguardo rivolto verso la visione, i suoi gesti e i suoi occhi svelano lo stato contemplativo verso la visione. Il santo con la mano destra sorregge un bastone, indossa i tipici abiti del pellegrino, un mantello con la relativa mantellina (taborino) sulla quale è attaccata una conchiglia, mentre ai piedi del santo troviamo una borraccia. Il braccio sinistro piegato con la mano appoggiata sul cuore. Lo sguardo del santo è rivolto verso l’alto, verso la Vergine che seduta su di una nuvola, mostra il bambino in atto di benedizione. I gesti, gli occhi, l’espressione del santo, svelano non solo uno stato contemplativo, ma anche un atteggiamento umile e di profonda reverenza. Sempre sul lato sinistro in basso, dietro al santo, abbiamo la presenza di testimoni della visione, un gruppo di devoti, benefattori, con i quali il fedele può identificarsi, tutti raffigurati in atteggiamenti di devozione, stanno a dimostrare la loro meraviglia per quanto sta accadendo. Sul lato destro in basso, sopra il primo gradino, seduto sulla base della colonna, abbiamo un bambino con la mano destra in atto di benedizione, forse un San Giovannino? Tutte le figure sono comprese all’interno di un triangolo compositivo che ha l’apice tra il capo della Vergine e lo squarcio luminoso prospettico.

Note

1-Leonardo Avella, Fototeca Nolana, Archivio di immagini dei monumenti e delle opere d’arte della città e dell’agro, Istituto Grafico Editoriale Italiano, Napoli 1996, pag. 111.

2-Franco Pezzella, Archivio Afragolese, Rivista di studi storici, anno XIV, numero 27, 2015, pag. 70-93.

3 pensieri riguardo “Angelo Mozzillo, la Diocesi di Calvi beneficia del suo pennello – Parte Tre

Lascia un commento

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora